40 anni

 

 

Già, era il 1977, ricordo bene quell’anno.

Una laurea 110 e lode, pubblicazione della tesi, il MIT che mi attendeva per il dottorato e il mio dito medio, alzato in modo inequivocabile e definitivo.

Il convegno di Bologna, Lotta Continua, il movimento, gli indiani metropolitani, l’ala creativa e io dentro, con i miei lunghi capelli, la mia folta barba e i miei geometrici orecchini.

Bhagwan Shree Rajneesh, Macondo, Rostagno, Valcarenghi, gli arancioni, Poona e io che scelgo lo Zen, non il Rinzai, ma il Soto.

Torino esoterica, alchemica, magica -più nera che bianca-, il centro Horus e un tale Airaudi che parlava di una Damanhur da fondarsi alla confluenza di quattro linee sincroniche mentre io, ricercatore solitario, ero assai poco propenso alla vita comunitaria.

Franco Basaglia, la 180, il servizio civile, io dentro l’ospedale psichiatrico di Collegno, con la mia follia che iniziava ad affiorare e a manifestarsi.

Psicosi.

Disturbo dissociativo d’identità.

Disturbo schizotipico di personalità.

R.D.Laing e il suo “L’io diviso” sono stati lo spartiacque.

 

“Stanno giocando a un gioco.

Stanno giocando a non giocare a un gioco.

Se mostro loro che li vedo giocare, infrangerò le regole e mi puniranno.

Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco.”

 

“Sebbene innumerevoli esseri siano stati condotti al Nirvana
nessun essere è stato condotto al Nirvana.
Prima che si passi la porta
si può anche non essere consci che c’è una porta.
Si può pensare che c’è una porta da attraversare
e cercarla a lungo
senza trovarla.
La si può trovare
e può darsi che non si apra.
Se si apre si può attraversarla.
Nell’attraversarla
si vede che la porta che si è attraversata
era l’io che l’ha attraversata
nessuno ha attraversato la porta
non c’era porta da attraversare
nessuno ha mai trovato una porta
nessuno ha mai compreso che mai c’è stata porta.”

 

Ora, quell’io diviso ha giocato la sua ultima carta, la cecità, per affermare che vede il gioco e che mai c’è stata porta da attraversare.