Il riposo

 

 

Non esiste né un dove né un quando per il riposo, qui.

Così come non esiste intervallo o sosta tra un’onda e la successiva.

Su una giostra a catene si sale e poi si scende, nessuna possibilità di pause tra i due momenti.

È il continuum spaziotempo in cui tutti noi siamo immersi.

Finora nessuno è riuscito a dimostrare che lo spazio in cui avvengono gli eventi sia quantizzato.

Così il principio di non-località regna sovrano.

Beninteso, è un bel principio, ma non ammette il riposo.

Fu scritto: “E il settimo giorno si riposò”.

In realtà la frase esatta, come accertato, era: “E il settimo giorno si ritirò”.

Quindi nessuno ha mai parlato della possibilità di riposarsi durante il giro di giostra, salvo il demandare la questione al dopo: “Requiem aeternam dona eis, Domine”.

Qualcuno potrebbe forse pensare all’illuminazione o al satori ma questi sono traguardi riservati solo a pochi se non a pochissimi eletti.

Bene, allora perché mai agognare ciò che qui non esiste?

Io sento distintamente l’eco di un suono prodotto dall’eccitazione di uno stato quantico che vorrebbe collassare nel gioco ma non può farlo mancando le condizioni necessarie e sufficienti per la sua sopravvivenza, ovvero un numero adeguato di osservatori che lo riconoscano e ne attestino l’esistenza.

Sento quell'eco ma non ho più forze da offrire al processo alchemico di precipitazione, la stanchezza ha occluso gli alambicchi, i vasi che contenevano i catalizzatori sono da tempo vuoti e la polvere si è depositata a strati sugli scaffali del mio laboratorio.

Ormai sono solo un vecchio disanimato che vagola senza meta in un allucinante luna park, dove giostre impazzite fagocitano aspirazioni, sogni e desideri di un pubblico totalmente alienato, nutrendosene per perpetuare il proprio incessante, vorticoso movimento, senza concedere ad alcuno una seppur minima possibilità di discesa, di allontanamento, di disassuefazione.

 

Morire, dormire, forse sognare