I Tre Gelsi
Quando la risposta, per giungere, incontra
ostacoli, vado da loro.
Sono tre Gelsi centenari, assisi in una piccola
vallata immersa nel silenzio.
Il terzo ha una rientranza alla base, una nicchia
contornata da ruvida corteccia.
Le mie spalle vi aderiscono perfettamente.
Io e il Gelso, nessuna discontinuità tra noi.
Lui, infinitamente più saggio di me.
Io, in attesa di risposta.
Formulo la domanda.
Sorride della mia ingenuità e si rivolge agli altri
due.
“Avete sentito, è di nuovo qui, continua a non
capire, benedetto ragazzo.”
“Abbi ancora un po’ di pazienza, tra poco esaurirà
le domande e allora non lo vedremo più.”
Intorno a noi tutto s’immobilizza e il Gelso inizia
a parlarmi.
Conoscevo già la risposta ma la temevo, ho costruito
ostacoli per impedirle di affiorare.
Sì, è così: mi rifiuto di assistere, ancora una
volta, all’implosione di Atlantide.
Ne riconosco i prodromi, sono gli stessi di allora:
deleghe in bianco, cessioni gratuite, alienazioni senza contropartite.
Disprezzo chi cede il proprio potere creativo e
coscienziale avendone in cambio solo stupidità e ignavia.
Aborrisco chi svende la propria anima alla prima
divinità che dietro l’angolo, melliflua, lo blandisce.
Non tollero l’ottusità di chi rinnega la propria
eternità.
Detesto la povertà di spirito e chi la rivendica.
Non ho compassione.
Lo so, pagherò per questo.
Mi alzo, ringrazio e vado.
Il vecchio Gelso scuote la chioma, forse rassegnato,
mentre il vento disperde i bisbigli dei tre alberi.
“Chissà quando deciderà di uscire dal labirinto: noi, da fuori, possiamo solo sorridergli.”